Wind of Change
Dopo 9 anni passati a difendere i colori di Sant’Erasmo è arrivato il momento anche per Gingillo di seguire il vento del cambiamento. Ecco 6 spunti di riflessione per capire chi, tra fantino e Contrada, perda di più da questo divorzio.
Ad Asti è da poco sceso il sipario sul primo palio “mezzosangue” in Piazza Alfieri. Ci si è accorti del gap prestazionale, e di conseguenza emozionale, connesso al cambio di soggetti. “Se prima era difficile rimontare, adesso sarà quasi impossibile”, così Bucefalo ai microfoni Rai in attesa dell’inizio della finale. E gli eventi han dato ragione all’esperto fantino di Farneta. Fin dalla prima batteria è stato evidente il divario tra migliori e peggiori, e la finale non è stata da meno. Difficile comporre un lotto di 21 cavalli che sia equilibrato, potendo attingere all’attuale bacino di anglo-arabi.
Il cambio di cilindrata non ha creato problemi a Gingillo, che anche su Bomario da Clodia si conferma un ottimo interprete del Palio piemontese. Un’eloquente prova di forza, con il fantino senese davanti a tutti dal primo all’ultimo giro. Nemmeno la quotatissima (perlomeno in ambito senese) Preziosa Penelope è riuscita ad impensierirlo davvero. Merito dello Zedde ma anche di un cavallo, Bomario da Clodia, in forma smagliante.
La sua seconda vittoria astigiana tinta di gialloverde, dopo quella del 2008 su Domizia, non può che essere di buon auspicio per chi, a Legnano, veste gli stessi colori. Dopo la lunga militanza in biancoazzurro, quest’anno dovremo infatti abituarci a vederlo indossare la giubba di Sant’Ambrogio. Tante le sirene che hanno cercato di ammaliarlo durante l’estate, ma la proposta più convincente (o forse la più tempestiva) è stata quella di Capitan Franchi, al quarto fantino dei suoi quattro anni di reggenza.
Una presa di primo livello per il Borgo, anche se dopo tanti anni passati nello stesso Maniero è legittimo chiedersi se siano state le abilità di Gingillo a tenere con questa continuità il Corvo nel gotha del Palio di Legnano o, al contrario, se è stata la solida tranquillità del popolo biancazzurro a fornire al fantino le condizioni ambientali migliori per esprimere il suo potenziale. Per aiutarvi a capirci qualcosa abbiamo sviluppato delle argomentazioni a sostegno di ciascuna delle due tesi. A voi l’arduo compito di emettere una sentenza.
Pro Gingillo – Grande lettura e gestione della mossa
Giuseppe Zedde si muove bene in una mossa ampia, che controlla senza apparente difficoltà e gestisce con relativa facilità. Una mossa che tiene in pugno, e che quasi sempre comanda partendo ingambato, qualunque sia il posto che la sorte gli riserva al canapo. Neppure la presenza della nemica sembra creargli eccessivi grattacapi. Come nel 2014, quando con pazienza certosina ha atteso l’unica sbavatura di un Dino Pes che lo marcava a uomo da quasi un’ora. Quest’anno, pur avendone alla fine la meglio, la presenza della nemica gli ha fatto però consumare energie che ne hanno pregiudicato la performance in finale. Una Contrada che ne fosse sprovvista non potrebbe che portargli vantaggi.
Pro Corvo – La tutela dietro al canapo
Le libertà di manovra che gli vengono concesse dietro al canapo possono essere frutto della sua autorità o, volendo pensare male, del peso politico della Contrada. Emblematico in questo senso lo striscione ironico appeso nel 2014 al sottopasso della stazione, con i finti ringraziamenti del popolo biancoazzurro al mossiere Renato Bircolotti. Anche volendo uscire dalle dietrologie, il bilancio col mossiere di Castiglion Fiorentino è stato molto positivo, soprattutto rispetto a quanto occorso con gli altri due volti che negli ultimi anni si sono affacciati sul verrocchio dello stadio Mari. Il dileggiato Dino Costantini, nella sua unica apparizione legnanese del 2011, lo lasciò impietrito a guardare la tribuna, mentre Massimiliano Narduzzi, all’esordio a Legnano nel 2016, lo penalizzò dopo l’ennesimo tentativo di invalidare la mossa della finale. In quest’ottica, sarà interessante capire chi salirà sul prossimo verrocchio e quanto sarà disposto ad applicare il pugno duro contro un tale atteggiamento.
Pro Gingillo – Una stalla di talento
Si può dire quel che si vuole, guardare al peso politico di certi fantini o al lavoro dietro le quinte della Contrada, ma alla fine un Palio si fa a cavallo. Se in questi anni il Corvo ha sempre potuto sedersi al tavolo dei grandi facendo la voce grossa è soprattutto merito dei soggetti presentati anno dopo anno, con una costanza quasi fastidiosa, dal figlio di Valente. Questo è un merito che gli deve essere riconosciuto. Adesso ne potranno beneficiare le Contrade che di volta in volta avranno l’appeal e la provvista economica adeguati per assicurarsene i servizi. Quest’anno ha corso un ottimo Palio con un cavallo mai nemmeno provato alle corse di addestramento; aspetto da non sottovalutare per chi volesse avvicinarsi al Palio a fari spenti.
Pro Corvo – Assenza di pressioni
Finora però l’ambiente familiare e la strategia di Contrada, non sempre orientata alla vittoria, gli hanno permesso di recitare tra i canapi il ruolo dell’interlocutore piuttosto che del rivale. Nel momento in cui dovesse lasciare il nido è facile supporre che gli si chieda di centrare l’obiettivo grosso. Configurandosi come la prima vera alternativa al duopolio Mari-Atzeni, sarà interessante capire quanta libertà di manovra gli verrà concessa, anche in funzione del peso politico ed economico della Contrada di cui difenderà i colori. Il rischio che, senza l’ala protettrice del Corvo, la sua qualità tecnica non abbia la possibilità di esprimersi è concreto.
Pro Gingillo – Caccia alle vittorie mancate
L’argomentazione precedente può però venire ribaltata, sfruttandola a favore del fantino. È facile pensare che lo Zeddino, rimanendo a Sant’Erasmo in questi nove anni, abbia rinunciato a rimpinguare il suo palmares, anche se sarà stato sicuramente ripagato per questo sforzo. Brio e Tittìa, visti i successi dell’ultimo triennio, resteranno giocoforza degli interlocutori obbligati nel lungo percorso che porta al Crocione, ma nel mondo del Palio è saggio lasciare ogni tanto qualcosa ai colleghi e Gingillo potrebbe essere il nome giusto per approfittare di questo turn-over obbligato. Se non subito, nel giro di un paio d’anni.
Pro Corvo – La solitudine dei numeri primi
Che Gingillo abbia tutte le carte in regola per vincere un Palio grazie alle sue forze è vero. È altrettanto vero che i big di Piazza potrebbero concedere qualcosa in terra lombarda per costruirsi future vittorie senesi, soprattutto se sul piatto non dovessero esserci più certe cifre. Ma l’ultimo Provenzano ci ha restituito un quadro che non avremmo mai sospettato, e che potrebbe ripercuotersi anche sui ragionamenti legnanesi. Gingillo è rimasto a piedi. Anzi, è stato lasciato a piedi. Non tanto dalle Contrade, qualcuna pare che dopo la tratta lo abbia anche cercato, ma da quelli che tirano le fila del giochino. Forse ha alzato un po’ la cresta, sentendosi troppo bravo. Tutti i torti forse non li ha, e il lavoro a Legnano lo certifica. Ma se anche dopo l’Assunta lo strappo non fosse ricucito, potrebbe trovarsi in una difficile situazione politica.