21…l’ora di Legnarello
La corsa
Sono le 21.15. La sera è già scesa su Legnano. Giovanni Atzeni, a cui la sorte ha regalato il quarto posto al canapo, temporeggia nella parte alta della mossa. È più di un’ora che il Mari, una sfinge al canapo, ha gli occhi incollati sul collega giallorosso. Non si limita a controllarlo. Gli rivolge cenni, occhiate, mezze parole. Non ha pensato neppure un istante a celare quello che, a tutti gli effetti, è l’accordo tra i due. Sembra di assistere allo stesso spettacolo del 2015, ma il copione è diverso. Qualcuno non sta al gioco. Si va per le lunghe. Merito di Gingillo, che prova a darla lui, come sempre, quella maledetta mossa. Ma merito soprattutto di Antonio Siri, incapace di arrendersi all’evidenza di un Palio non suo. Verrà beffato alla fine. Tittìa parte, ingambato, proprio quando il portacolori di San Domenico è distratto dall’arrivo al suo fianco della nemica. Un solo istante di distrazione che l’Atzeni, assistito alla perfezione da Brio, riesce a cogliere per portare quella vittoria a nerbo alzato che in via Dante continuavano ad aspettare dal 1991.
Un Palio bello, strategico, che come promesso proviamo a raccontarvi attraverso sei temi che da domenica sera non ci hanno fatto chiudere occhio la notte. Partiremo dallo strapotere tecnico e politico dell’asse Mari-Atzeni, punto focale su cui è incardinato l’esito del Palio 2017, per arrivare a rivalutare (forse) l’operato del mossiere. In mezzo considerazioni positive sull’operato di Gingillo e sulla strategia biancoverde si alternano alle perplessità sulla corsa di San Magno e San Bernardino.
1 – Oligarchia senese
Legnano sta facendo i conti con la presenza ingombrante di Andrea Mari e Giovanni Atzeni, che in virtù del loro crescente peso politico hanno deciso i destini degli ultimi tre Palii. Due punte di diamante che, invece di dare vita a una sana rivalità, hanno saputo unire le forze per controllare le sorti del nostro Palio. Un’oligarchia a cui rivolgersi se si vuole riportare a casa il Crocione. Non ce ne vogliano gli ultimi Capitani vincenti, ma è sintomatico che San Martino e Legnarello siano tornate al successo proprio quando hanno deciso di affidarsi a loro. Prima di stringere il sodalizio con Brio, San Martino non riusciva neppure a vedere la finale mentre ora è una delle principali forze del Campo. Legnarello, dal canto suo, prima di riabbracciare Tittìa si è vista fare il Palio contro pure da chi, a un paio d’anni di distanza, non lo ha fatto neppure alla nemica. Sembra che oggi per vincere basti affidarsi a uno di loro, a patto però di avere una adeguata provvista economica. Una situazione che inizia ad avere fin troppi punti di contatto con quella imposta a Siena nel primo decennio del 2000 da Gigi Bruschelli. Si è rimasti lontano dalle stalle dei “mezzi” per arginare l’ingerenza senese, ma così facendo le Contrade rinunciano a fare Palio, lasciandolo in mano ai fantini. La scelta della monta non può prevalere sulle altre strategie, altrimenti persa la possibilità di avere uno dei big, sarebbe più sensato affidarsi direttamente ai fantini della Provaccia. Deve poter essere ancora possibile fare Palio contro qualunque fantino montino le avversarie.
2 – Questione di feeling
Jonatan Bartoletti fallisce per la quarta volta l’accesso alla finale del Palio di Legnano. La sua inadeguatezza nei confronti della pista dello Stadio Mari diventa sempre più una sentenza. Quest’anno il fantino di Pistoia arrivava però al canapo forte del duplice successo senese del 2016 e con un lotto di cavalli a disposizione di tutto rispetto. Finiti gli alibi non resta che interrogarsi sulle reali cause di questo fallimento, senza liquidare il tutto con un sintetico 4 da giornaletto di provincia. La batteria è stata senz’altro svantaggiosa, vuoi per le potenzialità delle altre accoppiate, vuoi per i rapporti tra San Magno e le rivali alla mossa. Il Bartoletti però ci mette del suo, palesando tutte le sue difficoltà nel muoversi all’interno di una mossa ampia. Per lui, un partente petto al canapo, che si esalta negli strizzamenti tipicamente senesi, il tenere sotto controllo le rivali con così tanta libertà di manovra si è rivelato deleterio. Inoltre il 4° posto dallo steccato diventa un vantaggio sei ti chiami Bucefalo o Gingillo, meno se hai le caratteristiche dette sopra. Gli va concesso, per onore delle armi, di aver provato ad allungare la mossa per mettere in difficoltà sia Capitan America (cavallo di Sant’Ambrogio), provato da una lunga permanenza sotto il sole, sia il cavallo di Sant’Erasmo (Tutto Subito), meno performante se stressato dalla lunga permanenza dietro al canapo. Avere il Mari a fianco gli ha però creato i veri problemi. Dopo avergli dato una lezione nell’agosto senese, a Legnano esce sconfitto su tutti i fronti da questa particolare sfida nella sfida. Scompiglio detta i tempi della mossa, ma risulta un po’ scolastico per una vecchia volpe come Brio, che li legge alla perfezione e fa il minimo indispensabile per portare alto il rivale, estromettendolo dalla bagarre vera e propria. A parte tutto, grossa delusione prima di tutto per lui. Difficile vederlo tornare in Lombardia.
3 – Certezze
Si dice che le uniche certezze che abbiamo nel corso della nostra vita siano le tasse e la morte. Non è vero! Da sei anni a questa parte se ne aggiunge un’altra, quella di vedere Gingillo in finale al Palio di Legnano. Il figlio di Valente è una sentenza in terra in lombarda. Domenica scorsa ha centrato la sesta finale consecutiva, la 9° complessiva se vogliamo considerare le 11 partecipazioni di Giuseppe Zedde dal Palio vittorioso del 2007. Due volte soltanto non è riuscito a centrare l’obiettivo, una però per colpa del mossiere Dino Costantini, che nel 2011 dà buona una mossa mentre lui è girato verso il castello. Difficile definire il confine tra i meriti della Contrada del Corvo e quelli del fantino. Resta il fatto che Gingillo si presenta ormai da anni con soggetti perfetti per la pista di Legnano ed è lui stesso un grande interprete del nostro Palio. Il suo atteggiamento alla mossa non può che irritare i popoli delle altre sette Contrade, ma dal punto di vista strategico è uno dei più efficaci. Finora ha preferito l’ambiente familiare di Sant’Erasmo a maggiori chance di successo. Non è detto che nell’immediato futuro qualcuno non riesca a strapparlo ai biancazzurri, facendone il primo vero candidato a spezzare l’egemonia di Tittìa e Brio.
4 – Norman o Wally?
Quando il venerdì sera lo speaker ha annunciato Alessio Giannetti, portacolori per la Provaccia di San Domenico, in groppa a Wallykazam abbiamo accusato il colpo. Poche ore prima si era scritto di lui come uno dei favoriti per il Palio. Era già la prova che non ci capiamo molto? Può darsi. Il nostro amor proprio ha subito un duro colpo, ma per lenire in parte le sofferenze ci aggrappiamo ad una lettura strategica. Wallykazam sembra essere un soggetto molto più irrequieto di Normanprice, e ne ha dato dimostrazione anche nelle prove del venerdì mattina. Intuendo le intenzioni del duo Atzeni-Mari, a San Domenico devono aver pensato che in previsione di una mossa lunga Norman, che comunque aveva fatto vedere buone cose ad aprile, sarebbe stato più adatto. Tolta la batteria in surplace, in finale si è verificato proprio quello che si temeva. L’epilogo è sotto gli occhi di tutti, perché anche se la pensi nei minimi dettagli, da solo contro tre è davvero dura. Se però la nostra lettura dovesse essere corretta, grandi complimenti alla Contrada biancoverde per la strategia di gara.
5 – Puri o mezzi?
Al termine della seconda batteria, per sdrammatizzare la delusione di un Palio non felice, si disquisiva sul dubbio che nessuno avesse comunicato a San Bernardino che si potesse correre coi purosangue . Ora, questa battuta di consolazione sembra già abbastanza crudele. In coda per patatine e birra però, un contradaiolo biancorosso ha fatto di meglio. “Con un asino!! Abbiamo corso con un asino!!”. Il dubbio che si potesse riferire al fantino è venuto, ma sono sicuro parlasse del destriero. Al di là di facili battute e sfottò, la prestazione del Sole dell’Oltrestazione è preoccupante. Un senso di inferiorità, pari forse solo a quello dell’Ancona in serie A, che non si dovrebbe mai avere. Un duro colpo per una Contrada che dal possibile bis del 2008 non è più stata in grado di raggiungere la finale. Viste le risposte date dal cavallo di Federico Guglielmi, ad aprile e nella Provaccia, forse sarebbe stato meglio puntare su di lui. Perché da un Palio equilibrato e competitivo ci guadagnano tutti.
6 – Diamoci una mossa…
Arriviamo al tasto dolente del mossiere con la consapevolezza che tanto non ci va mai bene niente. Ordinato nella prima batteria, ininfluente nella seconda, va un po’ in crisi per la finale. La lunghezza della mossa non è imputabile certo a lui visto che, prima di quella buona, non si è visto lo straccio di una partenza accettabile. Ma qualche dettaglio rivedibile lo abbiamo trovato. Non si capisce prima di tutto perché continui a richiamare San Domenico (2° posto allo steccato), quando in realtà Gingillo (in prima posizione) non ha nessuno intenzione di aspettare petto al canapo la mossa data da Tittìa. Il pugno di ferro con i fantini che, a più riprese, cercano di forzare la mossa stava portando a un “patratrac” non da poco quando il Mari e l’Atzeni finiscono quasi con le ginocchia a terra. Giusto far capire chi comanda, ma in certe situazioni si sgancia e basta. Un appunto sui richiami, mai usati, sarebbe doveroso. Forse ha deciso di farne a meno sapendo che tanto, finita la corsa, nessuno ne tiene traccia. Vorremmo concludere con questa riflessione: in tanti lo hanno criticato, ha commesso degli errori, ma è riuscito a dare una mossa che non ha svantaggiato nessuno. Non è questo il suo fine ultimo?
Momento dei saluti
Si chiude così il Palio 2017, il Palio dell’incertezza, condizionato fino a febbraio dalla possibilità di correre con i “mezzi”. Il dilemma non ha impedito di avere in campo, per Provaccia e Palio, un lotto di cavalli di grande spessore. Fatte le dovute eccezioni, ovviamente. L’anno prossimo si ripartirà da qui con la certezza fin da ora di poter contare sui purosangue. Niente più alibi per un Palio 2018 che, scuffiate San Martino e Legnarello, si preannuncia molto aperto.